L’Italia ha sopportato più di due decenni di crescita economica lenta e prestazioni al di sotto del potenziale. Ma due fattori sembrano ora cambiare il gioco: un governo credibile ed efficace e una ritrovata volontà da parte dell’Ue di fornire un robusto sostegno fiscale.
Il 18 settembre ho avuto il privilegio di partecipare all’Incontro nazionale dei cavalieri del lavoro, ovvero la federazione italiana dell’élite imprenditoriale, durante il quale ogni anno viene elargito un riconoscimento a 25 imprenditori per la leadership, l’innovazione e il contributo alla società. L’atmosfera era sorprendentemente ottimista.
L’ottimismo rispetto alle prospettive economiche dell’Italia, che va da cauto a concitato, non si limita a questo gruppo e non è neppure difficile individuare ciò che sta alimentando questa positività, sebbene abbia uno strano tempismo. Dopotutto, l’economia globale sta avendo difficoltà non solo a riprendersi dallo shock della pandemia, ma anche ad adattarsi a una nuova e complessa normalità caratterizzata dalle avversità climatiche, dalla
congestione delle filiere e da un aumento delle tensioni geopolitiche.
Giunto dopo più di vent’anni di una crescita economica rallentata e al di sotto del potenziale di prestazione, l’ottimismo dell’Italia è ancor più
sorprendente. Ma due fattori che si stanno rafforzando a vicenda sembrano ora in grado di cambiare la posta in gioco: un governo efficace e credibile guidato dal primo ministro Mario Draghi, e una rinnovata volontà da parte dell’Unione europea di garantire un sostegno fiscale consistente agli investimenti.
Questi due fattori sono di fatto legati.
Nelle riprese economiche consistenti e sostenute, gli investimenti del settore privato sono il motore più immediato della crescita e dell’occupazione. In questo contesto, il settore pubblico deve creare un ambiente favorevole, investendo in beni tangibili e non tangibili e portando avanti delle riforme e delle norme credibili.
La fiducia nella capacità dell’attuale governo italiano nel riuscire a svolgere in modo adeguato questi due ruoli è forte. Innanzitutto, la storia professionale di Draghi ispira rispetto. Come presidente della Banca centrale europea, ha infatti dimostrato un impegno fermo a portare avanti la prosperità e l’integrazione a livello europeo e una volontà a intraprendere azioni coraggiose quando necessario.
Inoltre, Draghi ha formato il suo governo con ministri esperti e di talento dando vita a un governo pragmatico e deciso, ma anche pronto a discutere di argomenti controversi e aperto alle sperimentazioni. E questa è una combinazione vincente.
Nonostante i suoi punti di forza, il governo italiano ha tuttavia di fronte delle forti restrizioni fiscali. Con un debito sovrano che ha raggiunto il 160% del Pil durante la pandemia, il governo avrà quantomeno difficoltà a investire in modo adeguato nella crescita.
Ed ecco dove interviene l’Ue. Se la pandemia ha infatti dato una lezione al mondo, quella è che nessuno è sicuro se non lo siamo tutti. Allo stesso modo, nessuna parte dell’Ue può raggiungere il proprio potenziale economico se le altre parti hanno difficoltà a finanziare gli investimenti e a sostenere la crescita. Pertanto, l’anno scorso, l’Unione ha concordato di istituire un fondo, noto come Next Generation Eu, di 750 miliardi di euro
per finanziare gli investimenti in settori vitali come il capitale umano, la ricerca e lo sviluppo, la trasformazione digitale e la transizione all’energia pulita. Il fondo potrebbe fare una differenza reale non solo grazie alla sua entità, ma anche dato che i finanziamenti sono legati all’approvazione di piani nazionali credibili e verranno stanziati in fasi diverse in base all’implementazione effettiva dei piani.
Il Next Generation Eu segna una nuova direzione per l’Unione. Infatti, dopo che la crisi finanziaria globale del 2008 finì per provocare la crisi del debito in tutta Europa, le proposte di trasferimenti fiscali furono duramente respinte e vinse l’austerità. Ma questa volta no. La differenza potrebbe in parte essere spiegata dal fatto che la pandemia ha colpito tutta l’economia
globale, mentre la colpa della crisi del debito provocata dalla crisi finanziaria del 2008 fu addossata «all’irresponsabilità fiscale di alcuni paesi». Inoltre, al tempo ci furono diversi dubbi rispetto alla capacità di alcuni governi di utilizzare in modo ragionato i fondi messi a disposizione. Indipendentemente dalle motivazioni, l’Ue ha decisamente subito delle conseguenze importanti a causa del suo approccio dopo la crisi del 2008 che ha indebolito in modo significativo la coesione e la solidarietà, in particolar modo nelle economie in difficoltà dell’Europa del sud.
Oggi sembra che sia successo l’opposto. Nel caso dell’Italia, la fiducia nell’integrità e nella competenza del governo si sta già traducendo in maggiori investimenti esteri e nazionali, anche se l’agenda delle riforme è ancora nella sua fase iniziale. Per lo stesso motivo, e sicuramente anche grazie alle impeccabili credenziali di Draghi a livello europeo, l’Ue è più disponibile a elargire sostegno fiscale, il che alimenta la fiducia degli investitori.
L’Italia dimostra come, nelle giuste condizioni, l’ottimismo possa diventare una profezia che si auto adempie. C’è infatti una tendenza a pensare che le aspettative rispecchino la realtà, ma dato che di fatto influenzano le decisioni sugli investimenti, possono anche aiutare a delineare quella stessa realtà. In termini economici, hanno quindi un’azione endogena sul sistema
e rappresentano sia i risultati che gli input.
Di certo, se le aspettative si differenziano in modo consistente dalla realtà, dovranno essere nel tempo ricalibrate. Ma l’ottimismo, insieme a delle riforme efficaci, può sostenere la transizione da una crescita al ribasso a una crescita al rialzo. Allo stesso modo, il pessimismo può indebolire gli investimenti e la crescita. Gran parte delle esperienze delle economie
emergenti nella transizione verso economie a crescita elevata e sostenuta può essere compresa meglio alla luce di queste dinamiche.
Quest’esperienza ha inoltre evidenziato un fattore determinante per il raggiungimento di risultati importanti, ovvero la leadership. Un governo che porta avanti una visione di una prestazione economica in ripresa e ispira fiducia rispetto al fatto che sarà in grado di soddisfare questa prospettiva, può migliorare in modo significativo le possibilità di passare
da una crescita zero a una crescita elevata e sostenuta. Questo è probabilmente quello a cui stiamo assistendo ora in Italia, anche grazie al
sostegno fiscale dell’Europa che ha dato sicuramente una spinta aggiuntiva.
Rimane da vedere se l’Italia ha realmente raggiunto un punto di svolta nella sua economia. Il governo deve ancora implementare una parte significativa di finanziamenti così come delle riforme pianificate e potrebbero presentarsi diversi ostacoli. Ma dato che l’amministrazione di Draghi sembra aver già eliminato il peso delle basse aspettative e di una fiducia
debole, le prospettive economiche dell’Italia sono ben migliori di quanto non lo siano state da diverso tempo