Utilizzo di device e sensori connessi, big data, machine learning, cyber security degli intermediari, governance delle imprese. Industria e regolatori si interrogano sui rischi per la tutela dei consumatori, la stabilità del mercato e la qualità dell’offerta.
Tre indizi, si sa, costituiscono una prova. Allora è altrettanto probabile che tre eventi in successione, dedicati allo stesso argomento, siano la testimonianza di un interesse crescente e particolarmente diffuso.
Il riferimento è all’attenzione riservata all’impatto dirompente dell’innovazione tecnologica che si sta manifestando al interno dell’industria assicurativa. I tre eventi di cui sopra sono il primo Annual meeting dell’osservatorio Innovation by Ania; l’audizione del presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, alla commissione finanze della Camera dei deputati; il convegno di studi promosso dall’autorità di vigilanza del settore assicurativo, l’Ivass, svoltisi nell’arco di poche settimane nella parte finale dello scorso anno. In altri termini, l’immagine rassicurante di un’industria paragonabile a un mare dalle acque placide e con calma piatta di venti sembra, ormai,
aver lasciato defi nitivamente il posto a un’altra, più turbolenta e sicuramente molto più sfidante, caratterizzata da un fattore tecnologico innovativo decisamente preponderante.
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Non a caso il presidente Farina, nel primo dei tre eventi ricordati, ha sottolineato che «se da un lato la tecnologia non è l’unico vettore del cambiamento a cui assistiamo, è l’accelerazione impressa dalla tecnologia nelle sue varie forme a impressionare ». Da qualunque parte lo si voglia affrontare il fenomeno dell’insurtech risulta aver scompaginato gli equilibri di mercato preesistenti e le certezze operative cui fare riferimento nell’elaborazione delle strategie imprenditoriali, introducendo elementi di complessità sul piano quantitativo e qualitativo.
La stessa Farina, parlando della dimensione del fenomeno, ha riportato una cifra impressionante tratta da un recente rapporto dell’Ocse, «Tecnological innovation in the insurance sector», riguardante i finanziamenti globali al settore insurtech, passati dai 140 milioni di dollari del 2011 ai 2,6 miliardi di dollari 5 anni dopo. Dal canto suo Salvatore Rossi, presidente dell’Ivass, forte anche della sua lunga esperienza maturata in Banca d’Italia, di cui è attualmente direttore generale, alla luce delle innovazioni a getto continuo e delle relative complessità, ha messo in evidenza come «il mestiere del vigilante in un contesto di mercato in rapida in evoluzione sia sicuramente ben più difficile da esercitare».
Con queste premesse è facile spiegare perché, sia l’Ivass sia i diversi operatori del mercato assicurativo stiano moltiplicando i propri sforzi per giungere alla definizione di un quadro regolamentare al passo con i tempi e di strategie imprenditoriali coerenti con i cambiamenti del contesto operativo di riferimento.
In questo atteggiamento di maggiore consapevolezza del cambiamento bene si inserisce l’iniziativa dell’Innovation by Ania che costituisce «un approccio strategico all’innovazione, un laboratorio permanente per dare ulteriore spinta alla modernizzazione del settore»; che ha registrato un momento qualificante nel primo incontro annuale, dedicato alla mobilità: «Un concetto», sono parole del presidente dell’Ania, «che coinvolge diversi settori che generano complessivamente circa il 20% del Pil italiano». Esaminando in dettaglio il fenomeno insurtech, torna utile l’inquadramento sistematico offerto dalla Farina nel corso della sua audizione alla Camera.
La sua declinazione di questo tema si articola in tre aspetti fondamentali: i cambiamenti del mercato assicurativo e le strategie degli operatori; la regolamentazione in presenza di un intenso progresso tecnologico; e infine, l’impatto sul ruolo delle imprese assicurative nel loro qualità di investitori istituzionali.
Quanto al primo aspetto colpisce il formarsi e il diffondersi di una nuova customer experience, apportatrice di modifiche profonde nei bisogni e nei comportamenti dei clienti. Un profilo che si riflette sugli aspetti organizzativi delle imprese assicurative, sui loro modelli distributivi, costringendole a una riconsiderazione delle modalità di
classificazione degli assicurati in funzione del rischio, «passando da metodologie tradizionali a un approccio di tipo dinamico e prospettico». Sempre in questo ambito non si possono poi dimenticare i profili della maggiore effiienza nei processi lavorativi delle compagnie assicurative anche nella delicata fase della liquidazione dei danni, la possibilità di ingresso sul mercato di nuovi operatori con gli inevitabili riflessi in termini di accrescimento del livello complessivo di concorrenza e la necessità di monitorare l’emersione di nuovi rischi e criticità a essi collegati.
Sul secondo aspetto, la regolamentazione certamente non sfugge l’importanza delle nuove soluzioni tecnologiche per facilitare la compliance regolamentare nei servizi finanziari in generale e in quelli assicurativi in particolare. Le iniziative intraprese, come il sandbox regolamentare avviato con la partecipazione di Ivass e Ania, e altre che potranno essere sviluppate in virtù di un rinnovato partenariato pubblico-privato, dovranno sempre avvenire nel segno del rispetto dei principi di neutralità tecnologica, di proporzionalità, di integrità del mercato, avendo comunque come propria stella polare, la protezione del consumatore.
Il terzo aspetto evocato dal presidente dell’Ania, il ruolo delle imprese assicurative, porta l’attenzione sulle risorse rese disponibili per un loro orientamento in investimenti con orizzonte temporale adeguato.
Dunque, investimenti strategici per il rilancio del Paese, come quelli offerti dall’applicazione delle misure del piano Juncker 2, ma non solo. In questo ambito sarebbe particolarmente «utile creare una piattaforma che contenga la pipeline dei progetti infrastrutturali su cui le imprese assicurative potrebbero investire», con vantaggi per sé, per le imprese industriali beneficiarie dell’investimento e per l’economia complessiva del Paese.
Queste considerazioni di Maria Bianca Farina di fatto tracciano anche i punti essenziali di un’agenda operativa sfidante e per tutti gli attori del mercato assicurativo e che trova molte concordanze con quanto maturato in ambito Ivass, come dimostrato anche dall’intervento del segretario generale dell’autorità di vigilanza, Stefano De Polis, a conclusione del convegno dell’istituto.
A cominciare dal rispetto del principio di neutralità tecnologica, l’approccio finora seguito dall’Ivass, che bisognerà valutare se continuerà a essere la modalità più appropriata, rispetto ad alcuni aspetti dirompenti della nuova tecnologia, quali le blockchain, il cloud computing, la guida autonoma e l’intelligenza artificiale.
Guardando pertanto a quella che può essere definita l’agenda operativa dell’Ivass, si trovano anche qui l’attenzione ai cambiamenti di mercato e alle reazioni messe in atto dagli operatori, la valutazione e il monitoraggio dei rischi specifici ai quali è esposto il settore assicurativo, le sue vulnerabilità specifiche e le conseguenze sistemiche della copertura assicurativa del cyber risk, la partecipazione a iniziative di sistema per una migliore condivisione delle informazioni e per un supporto alle attività di prevenzione e reazione agli attacchi. Nell’ ambito dei cyber risk si sono rivelate preziose alcune informazioni desumibili da altre relazioni del convegno promosso dall’autorità di Vigilanza sulle quali bisognerà riflettere.
Come nel caso di una consapevolezza non particolarmente accentuata dei nuovi rischi, quale traspare dai risultati di un’indagine della Banca d’Italia di cui ha riferito Claudia Biancotti, citando la spesa per la sicurezza sostenuta da 4mila imprese industriali non finanziarie con 20 e più dipendenti; spesa che mediamente supera di poco i 4.500 euro annui. O come gli esiti, resi noti da Maria Luisa Cavina dell’Ivass, di un’indagine conoscitiva condotta su un campione di 2.900 intermediari tradizionali (2.700 agenti e 200 broker) in tema di presidi di gestione delle informazioni e prevenzione dei rischi informatici. Con il risultato rassicurante di un 80% che li adotta, ma con esiti assai meno confortanti in tema di svolgimento test anti intrusione, di adozione di sistemi e strumenti più avanzati di analisi dei rischi, di policy aziendale specifica per la cyber security, di formazione specifica del personale etc. In positivo sempre sul fronte dei nuovi rischi informatici va ricordata, infine, la nascita di Certfin avvenuta circa un anno fa, organismo promosso dalla Banca d’Italia e dall’Abi; un’iniziativa cooperativa di tipo pubblico-privato alla quale hanno aderito 39 organismi e che, come ha sottolineato Gino Giambelluca della Banca d’Italia è finalizzata a innalzare la capacità di gestione dei rischi cyber degli operatori e la cyber resilience del sistema finanziario italiano. Un’iniziativa che ha anche trovato apprezzamenti in ambito internazionale, come nel G7 svoltosi a Bari nel maggio dello scorso anno sotto la presidenza italiana.
Ritornando alle considerazioni di De Polis, sono cruciali gli accenni fatti in tema di educazione assicurativa, di monitoraggio da parte dell’Ivass di una solida governance aziendale, di adozione di specifiche policy di sicurezza e di gestione dei dati. Senza trascurare l’applicazione costante del principio di proporzionalità, in quanto i processi di mitigazione del rischio devono, comunque, essere commisurati alla dimensione e alle complessità delle diverse entità assicurative con un faro particolare acceso sui rischi rilevanti degli organismi più piccoli.
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